Nella notte
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Nella notte
In una notte buia e profonda un uomo stava per morire. L'uomo era diretto a casa. Per tutto l'anno aveva lavorato nei boschi, sulle montagne, lontano dal suo paese. Aveva lavorato disperatamente, senza sosta, ma anche così era riuscito a mettere da parte ben poco denaro. Aveva deciso ugualmente di tornare a casa.
Ma proprio mentre usciva dalla foresta, era scoppiato uno spaventoso temporale. La casa dell'uomo era ancora lontana chilometri e chilometri.
L'uomo era sotto una quercia quando un fulmine squarciò la pianta. Rami gli caddero addosso. Fuggì via. Perdeva sangue da un braccio e da una gamba. Fuggiva sotto la grandine, coprendosi appena la testa con le mani. Via, via, lontano dalla foresta da cui era sbucato il fulmine.
Dopo molto correre stramazzò ai piedi di un gradone di roccia. La parte si propendeva minacciosa, verticale. Steso al suolo fradicio di pioggia, battuto dalla grandine e dal freddo perse ogni speranza.
Il gelo che lo attanagliava lo persuase a lasciarsi morire. Si abbandonò quasi con sollievo alla morte. Lo prese il sonno: il confortò, pensò, dell'ultimo istante.
Ma improvviso, cristallino, risuonò un belato. Il belato risvegliò quell'uomo dal sonno di morte. Era un grido nella notte. Pareva ora prossimo, ora lontano.
Un agnellino preso dalla furia della bufera? L'uomo si scosse. Lui voleva morire, ma l'agnellino?
Di nuovo l'agnellino belò. All'uomo morente mancavano le forze e la voglia di vivere. Però l'agnellino aveva bisogno di lui. L'uomo sentì quel belato come un'invocazione. E ritrovò la forza di vincere la stanchezza e la paura. Avrebbe salvato la bestiola e sarebbe tornato a morire: questo pensiero gli dette vigore. Si mise in ascolto.
L'agnello riprese a belare. L'uomo fu diretto dal belato. Ogni tanto si fermava. La grandine gli feriva il volto, coprendo la vocina flebile. La riudì, vicino. Dietro a dei cespugli. Girò in mezzo a degli sterpi. L'agnello non c'era. Però l'udì, come se uscisse dal gradone di roccia. Tra la grandie vide un buco nella roccia. Il belato proveniva da là. Barcollò e si gettò dentro la grotta dove l'agnellino giaceva ferito in una pozza d'acqua. Lo sollevò, lo portò più dentro al cunicolo, all'asciutto. Lo tenne stretto al petto per riscaldarlo e sentì che l'agnello scaldava lui, gli ridava vita. Stettero la notte avvinti dal caldo, in compagnia.
Il mattino, un sole morbido entro nella grotta e svegliò l'uomo e l'agnello. L'uomo accarezzò l'agnello. Sentì la piccola vita vibrare di fame. Anche lui aveva fame. E soprattutto un'infinita voglia di vivere.
Siamo circondati da invocazioni e disperate richieste di vita. Perchè non le ascoltiamo?
(Bruno ferrero)
Ma proprio mentre usciva dalla foresta, era scoppiato uno spaventoso temporale. La casa dell'uomo era ancora lontana chilometri e chilometri.
L'uomo era sotto una quercia quando un fulmine squarciò la pianta. Rami gli caddero addosso. Fuggì via. Perdeva sangue da un braccio e da una gamba. Fuggiva sotto la grandine, coprendosi appena la testa con le mani. Via, via, lontano dalla foresta da cui era sbucato il fulmine.
Dopo molto correre stramazzò ai piedi di un gradone di roccia. La parte si propendeva minacciosa, verticale. Steso al suolo fradicio di pioggia, battuto dalla grandine e dal freddo perse ogni speranza.
Il gelo che lo attanagliava lo persuase a lasciarsi morire. Si abbandonò quasi con sollievo alla morte. Lo prese il sonno: il confortò, pensò, dell'ultimo istante.
Ma improvviso, cristallino, risuonò un belato. Il belato risvegliò quell'uomo dal sonno di morte. Era un grido nella notte. Pareva ora prossimo, ora lontano.
Un agnellino preso dalla furia della bufera? L'uomo si scosse. Lui voleva morire, ma l'agnellino?
Di nuovo l'agnellino belò. All'uomo morente mancavano le forze e la voglia di vivere. Però l'agnellino aveva bisogno di lui. L'uomo sentì quel belato come un'invocazione. E ritrovò la forza di vincere la stanchezza e la paura. Avrebbe salvato la bestiola e sarebbe tornato a morire: questo pensiero gli dette vigore. Si mise in ascolto.
L'agnello riprese a belare. L'uomo fu diretto dal belato. Ogni tanto si fermava. La grandine gli feriva il volto, coprendo la vocina flebile. La riudì, vicino. Dietro a dei cespugli. Girò in mezzo a degli sterpi. L'agnello non c'era. Però l'udì, come se uscisse dal gradone di roccia. Tra la grandie vide un buco nella roccia. Il belato proveniva da là. Barcollò e si gettò dentro la grotta dove l'agnellino giaceva ferito in una pozza d'acqua. Lo sollevò, lo portò più dentro al cunicolo, all'asciutto. Lo tenne stretto al petto per riscaldarlo e sentì che l'agnello scaldava lui, gli ridava vita. Stettero la notte avvinti dal caldo, in compagnia.
Il mattino, un sole morbido entro nella grotta e svegliò l'uomo e l'agnello. L'uomo accarezzò l'agnello. Sentì la piccola vita vibrare di fame. Anche lui aveva fame. E soprattutto un'infinita voglia di vivere.
Siamo circondati da invocazioni e disperate richieste di vita. Perchè non le ascoltiamo?
(Bruno ferrero)
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